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Stupro di gruppo a Palermo, dopo i primi arresti volevano vendicarsi della vittima: le accuse della madre di uno degli aggressori

Stupro di gruppo a Palermo: la vendetta e le parole della madre di uno degli aggressori

Dopo i primi arresti, gli aggressori colpevoli dello stupro di gruppo a Palermo volevano vendicarsi della vittima.

I ragazzi colpevoli dello stupro di gruppo a Palermo avevano intenzione di vendicarsi della vittima, dopo i primi arresti. La madre di uno di loro ha lanciato delle pesanti accuse.

Stupro di gruppo a Palermo, dopo il crimine volevano vendicarsi della vittima

Avevano deciso di punire la vittima per farle rimangiare la denuncia di stupro di gruppo. Questo è quanto si legge nell’ordinanza del gip di Palermo che ha portato all’arresto di sette giovani, accusati di aver stuprato una 19enne la notte del 7 luglio in un cantiere abbandonato a Palermo. Volevano vendicarsi e due dei quattro che ancora dovevano essere arrestati hanno avuto l’idea della spedizione punitiva, dopo che i tre complici erano già stati fermati. Il 3 agosto i carabinieri hanno intercettato due indagati che erano ancora a piede libero, Samuele La Grassa ed Elio Arnao, che coltivavano “una volontà punitiva” nei confronti della vittima, che si va a sommare alle minacce fatte per non farle rivelare quanto accaduto.

I due, convocati in caserma, discutono anche del rischio che Angelo Flores, ragazzo che ha filmato lo stupro, avesse fatto i loro nomi. “Ti giuro, stasera mi giro tutta la via Libertà e mi porto la denuncia nella borsetta… gli dico guarda che cosa mi hai fatto e poi gli do una testata nel naso” ha scritto La Grassa su Whatsapp. Lunedì 21 agosto si terranno gli interrogatori.

Stupro di gruppo a Palermo: l’accusa della mamma di uno degli aggressori

I sette indagati per lo stupro di gruppo di Palermo avevano già minacciato la vittima per “destabilizzarla emotivamente” prima che si arrivasse alla chiusura delle indagini. Oltre alle minacce, due di loro avevano deciso di punirla dopo l’arresto di alcuni componenti del gruppo. Ad andare contro la giovane è stata anche la mamma di uno degli indagati. La donna, quando ha saputo che il figlio e un amico avevano mentito ai carabinieri, sembrava molto contrariata. Secondo lei era “più utile“, come ha scritto la Procura, “per la loro posizione, una descrizione agli inquirenti della ragazza come una ‘poco di buono’“. Inoltre, la donna, anche lei intercettata, parlando con il figlio, era d’accordo sulla sua decisione di tenere nascosti i telefoni.