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Processo Stefano Cucchi, sentenza: 12 anni a Bernardo e D'Alessandro

Processo Stefano Cucchi sentenza

È arrivata la prima sentenza del processo che vede imputati cinque carabinieri per la morte di Stefano Cucchi.

È arrivata intorno alle 18:00 di oggi, giovedì 14 novembre 2019, la sentenza del processo bis sulla morte di Stefano Cucchi, che vede imputati cinque Carabinieri. Il giudice ha condannato a 12 anni di carcere i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, con l’accusa di omicidio preterintenzionale. Una pena inferiore ai 18 anni chiesti dall’accusa. Francesco Tedesco è stato invece condannato a 2 anni e 6 mesi; il maresciallo Roberto Mandolini a 3 anni e 8 mesi;

4 medici prescritti e un assolto

È arrivata poco prima delle 18 la prima sentenza del processo sulla morte del geometra romano. Il giudice ha stabilito la prescrizione per 4 medici e un’assoluzione.

Processo Stefano Cucchi: la sentenza

Sono di vario titolo le accuse che pendono sui cinque agenti. Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, che avrebbero picchiato il geometra, sono accusati di omicidio preterintenzionale. Il pm Giovanni Musarò ha chiesto per loro una condanna a 18 anni di reclusione. La stessa accusa era stata rivolta a Francesco Tedesco, per cui però si chiede l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Stando agli atti, costui ha rivelato di aver assistito al pestaggio tentando di bloccare i due colleghi. Per lui si chiede comunque una condanna di 3 anni e mezzo per falso.

Sempre per falso sono stati chiesi 8 anni di reclusione per Roberto Mandolini. Per l’accusa di calunnia, rivolta a quest’ultimo, a Tedesco e a Vincenzo Nicolardi, il pm sollecita invece una sentenza di non procedibilità per prescrizione del reato.


Le parole del legale e della famiglia

Il legale della famiglia Cucchi ha illustrato i punti a favore dell’accusa, ovvero le intercettazioni ambientali e telefoniche e le dichiarazioni di testimoni di quel pestaggio. Prime fra tutti quella di Francesco Tedesco che a distanza di anni ha accusato i suoi due colleghi ma anche quella di Luigi Lainà, il detenuto che ha raccontato di trovarsi presso il centro clinico del carcere quando vide arrivare Stefano dopo il pestaggio. Questo gli avrebbe raccontato quanto accaduto, parlando di due carabinieri in borghese e di un terzo intervenuto per fermarli, ricostruzione che coincide con quella dell’imputato-accusatore. L’avvocato ha poi citato la confessione dei Carabinieri Riccardo Casamassima e la moglie Maria Rosati, secondo cui “i ragazzi hanno massacrato di botte un arrestato“.

Decisivo ai fini della sentenza sarà stabilire se vi è connessione tra le lesioni provocate a Stefano e la sua morte. Il legale spiega che c’è la prova del nesso causale. Secondo lui, anche qualora le cause della morte fossero altre, sarebbero comunque riconducibili ad uno stato di morbosità indotto da quel pestaggio. Ne è convinta anche la sorella Ilaria, che ha definito le ore precedenti alla sentenza “di estrema tensione” e spera che dopo 10 anni giustizia possa essere fatta per suo fratello: “Sapevamo che Stefano era stato ucciso, ora potrà riposare in pace. […] A mio fratello avevamo fatto una promessa. Oggi l’abbiamo mantenuta. Ci è costato tanto, dieci anni difficilissimi, siamo caduti tante volte ma siamo arrivati fin qui e questo è quello che conta”.

I genitori della vittima, Giovanni e Rita, hanno poi ribadito che, come hanno giurato davanti al suo corpo massacrato, continueranno ad andare avanti. Dichiarandosi molto agitati, sottolineano che il fatto di avere come parte civile dei ministeri sia molto positivo perché “significa che lo Stato è vicino a noi e non siamo più soli“. Il padre di Stefano Cucchi, Giovanni, ha poi aggiunto: “Non volevamo un colpevole, volevamo i colpevoli e finalmente dopo 10 anni li abbiamo. Questa sentenza parla chiaro a tutti quelli che ci sono andati contro ma per i quali non abbiamo rancore, noi ci accontentiamo di questa sentenza che farà luce su tutto il resto. Noi non vogliamo fare commenti perché noi vogliamo la verità su Stefano”.

Il commento dell’Arma dei Carabinieri

A seguito della sentenza è giunto anche il commento del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Giovanni Nistri, che definisce dolorosa la decisione della Corte d’Assise di Roma in quanto conferma la responsabilità dei due agenti nella morte di Stefano Cucchi: “Abbiamo manifestato in più occasioni il nostro dolore e la nostra vicinanza alla famiglia per la vicenda culminata con la morte di Stefano Cucchi. Un dolore che oggi è ancora più intenso dopo la sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Roma che definisce le responsabilità di alcuni carabinieri venuti meno al loro dovere, con ciò disattendendo i valori fondanti dell’Istituzione. Sono valori a cui si ispira l’agire di 108mila carabinieri che, con sacrificio e impegno quotidiani, operano per garantire i diritti e la sicurezza dei cittadini, spesso mettendo a rischio la propria vita, come purtroppo testimoniano anche le cronache più recenti”.

Il baciamano a Ilaria Cucchi

A catturare l’attenzione dei media è stato inoltre un particolare episodio avvenuto alla fine della lettura della sentenza, quando un carabiniere ha decise di fare il baciamano a Ilaria Cucchi. Un gesto denso di significati sia per la sorella di Stefano che per il militare: “L’ho fatto perché finalmente dopo tutti questi anni è stata fatta giustizia”. L’agente ha infatti raccontato di essere nell’Arma da vent’anni, di cui gli ultimi tre passati a servizio proprio nell’aula bunker del carcere di Rebibbia dove oggi si è tenuta l’udienza per il caso Cucchi: “Chi sbaglia paga e doppiamente se porti la divisa”.

Il baciamano a Ilaria Cucchi vuole essere così un doveroso gesto di scuse a nome di chi con il suo agire ha disonorato il nome dell’Arma del Carabinieri: “Ho assistito ai dibattimenti, a tutti quelli qui a Rebibbia. […] Mi sento in colpa per l’Arma ed è stata una forma di scusa, quei carabinieri condannati hanno infangato duecento anni di storia”.