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Coronavirus, "Io non resto a casa" è l'hashtag che fa più discutere

Coronavirus: io non resto a casa, l'hashtag della polemica

L'hashtag "Io non resto a casa" su Twitter sta diventando un trend. Ad andare controcorrente, i lavoratori ma anche tanti irresponsabili.

In queste ore su Twitter si sta scatenando un polverone. “Io resto a casa” è uno degli hashtag in tema Coronavirus più gettonati sul social network, trend che fa decisamente riflettere ma che necessita anche una precisazione. Sembra che tutto sia partito dai lavoratori, o meglio da chi è tuttora costretto a recarsi al lavoro, nonostante i divieti imposti dalle nuove direttive del Governo Conte.

Chi lavora e non resta a casa

Lo slogan “Restate a casa”, diffuso dal Premier, dai più svariati influencer e da tantissimi cittadini italiani, ora si trova in guerra contro il suo contrario. Sono due i filoni polemici che riguardano l’hashtag “Io non sto a casa”: le persone che devono per forza di cose lavorare, come ad esempio chi è impiegato nella sanità, e chi invece ha deciso di attirare l’attenzione su di sé… in negativo.

Sui lavoratori non si può davvero dire nulla, anzi, c’è soltanto da togliersi il cappello, qualsiasi impiego essi svolgano. Non deve essere facile uscire di casa ogni giorno, in piena pandemia da Coronavirus, per passare una giornata lavorativa come se fosse tutto normale. Se potessero scegliere, probabilmente, rimarrebbero a casa come la maggior parte degli italiani.

Hashtag io non resto a casa

Per quanto riguarda invece i “compagni” che si ribellano all’hashtag ufficiale anti contagio, non è chiaro se ci sia dietro le loro parole una vera volontà, mossa da grande irresponsabilità e scarso senso civile, oppure se sia solo un modo per farsi notare sui social network.

Dal momento in cui il Presidente passa le sue serate nelle televisioni di tutto il Paese, a comunicare direttive di comportamento e divieti sul quotidiano vivere, ci si aspetta che i destinatari del messaggio recepiscano forte e chiaro. A quanto pare non è così: sono soprattutto giovani a scrivere post in cui definiscono il Coronavirus una semplice influenza, un frutto della psicosi italiana, puntando il dito contro le istituzioni e i media.

Scrivono “Io non resto a casa” e parlano di uscite di gruppo, cene fra amici, vita vissuta come se ci fosse alcuna emergenza. Questo tipo di mentalità fa paura, perché va contro delle regole stabilite per il bene comune. L’Italia è un Paese e come tale deve rimanere unito, non possiamo pensare come singoli di fronte ad un’epidemia del genere.