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Coronavirus, la testimonianza: "Ai 70enni togliamo scafandro, morfina e muoiono"

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La testimonianza di un operatore del pronto soccorso sul coronavirus: i pazienti di 70 anni vengono lasciati morire per salvare i giovani.

Un operatore del pronto soccorso di un ospedale della Lombardia ha scritto una testimonianza sul coronavirus (riportata su Libero): senza mezzi termini ha voluto descrivere l’emergenza. Uno scenario che mette i brividi quello che si delinea nelle parole di una persona che per motivi di salute non è potuta scendere in prima linea per aiutare i colleghi.

“Io sono un medico di pronto soccorso della Lombardia – scrive la donna -, e ho avuto la fortuna di essere a casa in gravidanza, ma naturalmente ho costante aggiornamento da parte dei colleghi”. Il suo racconto rende evidente la situazione di emergenza nella quale si trovano moltissime strutture ospedaliere della Lombardia e delle zone maggiormente colpite dal contagio. I posti letto per accogliere i pazienti Covid-19 si stanno esaurendo e l’unica alternativa è lasciare morire i più anziani.

Coronavirus, testimonianza dal pronto soccorso

I miei colleghi sono distrutti. Dopo il turno di lavoro piangono in auto verso casa, perché si sentono impotenti. La gente muore, muore soffocata. Da sola. Senza potere vedere i propri cari per l’ultima volta”. Sono queste le crude parole utilizzate da un operatore del pronto soccorso che ha fornito la sua testimonianza sull’emergenza coronavirus. Nonostante si trovi in casa per gravidanza, la donna è costantemente aggiornata sulla situazione.

Si toglie lo scafandro al 70enne iniziando la morfina e facendolo morire – racconta ancora – (70enne che fino al giorno prima curava i nipotini) per metterla a qualcuno di più giovane”. “Abbiamo l’ospedale pieno di pazienti di Bergamo – aggiunge ancora la donna -, dove per vili interessi economici le aziende non hanno isolato quando era già il caso, perché è da subito dopo Codogno che ci sono stati i primi casi (di cui nessuno ha parlato)”.

Quella che stiamo vivendo in Italia, non soltanto al Nord, ha concluso, “è una tragedia. Speriamo che le restrizioni di questa ultima settimana ci permettano di respirare, ma sarà lunga… e sarà tragica. Non riesco a dire che andrà tutto bene, perché non vedo la fine“. Nonostante tutto, però, il medico invita a mantenere “quel briciolo di ottimismo” e sperare “che si trovi in fretta la terapia giusta”.