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Coronavirus morti in Rsa, Cgil: "Lombardia nasconde i dati"

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Coronavirus, in Regione Lombardia ci sarebbero 5.000 morti solo nelle strutture Rsa. La denuncia arriva dalla Cgil: "Dati nascosti".

Coronavirus, in Lombardia i morti all’interno delle strutture Rsa sarebbero almeno 5.000. La denuncia arriva direttamente da Augusta Passera. segretaria dello Spi-Cgil di Bergamo (sindacato pensionati). “La Regione rimpalla sulle Ats, che a loro volta rimpallano sui dirigenti delle Rsa: intanto noi, siamo ancora in attesa di sapere ufficialmente dall’azienda sanitaria quanti anziani sono morti nelle nostre case di riposo” racconta a Il Fatto Quotidiano la segretaria del sindacato. I conti, intanto, se li è dovuti fare da sola: 1.326 decessi, in base a una ricognizione che ha riguardato tutte le Rsa di città e provincia. “Da quasi due mesi le case di riposo non possono più accettare nuovi degenti dal territorio – prosegue -, ci sono posti letto vuoti e personale in esubero. Almeno vorremmo un piano per tornare alla normalità: niente. L’Ats fa da palo alla Regione”.

Coronavirus, 5.000 morti in Lombardia nelle Rsa

Non solo a Bergamo, ma in tutta Regione Lombardia. Il sindacato da settimane raccoglie dati. Dalla stampa locale, dai propri referenti sul territorio. “Le aziende sanitarie ci riferiscono che hanno ricevuto l’ordine dalla Regione di non dirci nulla, di non fornirci i numeri sui decessi e nemmeno sugli ospiti che manifestano sintomi riconducibili al virus: così li abbiamo raccolti noi”, spiega il segretario regionale Valerio Zanolla.

I risultati non lasciano spazio a interpretazioni: lo Spi ha censito 349 strutture su oltre 700, contando quasi 5 mila morti; 4.995 per l’esattezza – di cui 1.100 solo in provincia di Milano – in attesa dell’aggiornamento dei dati dell’Istituto superiore della Sanità sui decessi nelle case di riposo. Mentre le associazioni lombarde delle case di riposo denunciano, ancora una volta, le criticità da parte di Regione Lombardia nella gestione delle Rsa.

Rsa in Lombardia: la situazione

Per quanto concerne, per esempio, il capitolo tamponi, il sindacato denuncia: “Le direttive arrivate dalle Ats sui tamponi sono contraddittorie e confuse. Fino ad arrivare a comunicare ai gestori la necessità di acquistare a spese proprie i tamponi necessari e a prendere accordi con i singoli laboratori per l’effettuazione dell’analisi”.

Conclusione di fronte alla quali le associazioni chiedono i tamponi per tutti i degenti e per tutto il personale delle Rsa, compreso quello oggi in quarantena (e che potrebbe quindi rientrare al lavoro, ma non può farlo) a carico del servizio sanitario. Inoltre, la Cgil denuncia: “Servono 15 milioni al mese di dispositivi di protezione individuale”. E, in più, si registra la drastica riduzione del personale a cui far fronte, tra assenze per malattia, quarantena e trasferimento negli ospedali in seguito ai bandi per selezionare operatori per l’emergenza.