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Cei contro leggi pro gay: "Rischio derive liberticide"

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La Cei si schiera contro una nuova legge sull'omosessualità. "Si rischierebbero norme incriminatrici ed aprire a derive liberticide".

La Cei si schiera contro la legge pro gay. Secondo la Conferenza episcopale italiana non c’è bisogno di una legge contro l’omofobia. “Si rischiano derive liberticide”.

Cei: “No alle leggi pro gay”

La Conferenza episcopale italiana si schiera contro una nuova legge sull’omofobia. La proposta di legge presa in esame dalla Commissione Giustizia della Camera, che dovrebbe essere votata a luglio, sarebbe per la Chiesa “un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide”.

“I vescovi contro ogni discriminazione”

All’interno di una nota intitolata “I vescovi contro ogni discriminazione”, i presuli spiegano che “esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio”.

Nella stessa nota citano Papa Francesco che disse nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde“. Spiegano che non appoggiano nessuna forma di razzismo o esclusive, ma anche una reazione violenta. “Le discriminazioni costituiscono una violazione della dignità umana, che deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini”.

I vescovi si dicono preoccupati e credono che “un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio“.

Chiesa preoccupata

L’Istituzione clericale guarda con “con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni. Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide. Per questo si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso”.