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Guerra in Ucraina, lo stallo dell’esercito russo: i dieci errori commessi da Mosca

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Guerra in Ucraina: quali sono i dieci errori più eclatanti commessi da Mosca che hanno determinato lo stallo dell’esercito russo?

Guerra in Ucraina: lo stallo dell’esercito russo mostra in modo evidente il fallimento dell’operazione militare speciale avviata dal Cremlino. Quali sono i dieci errori più eclatanti commessi da Mosca?

Guerra in Ucraina, lo stallo dell’esercito russo: i dieci errori commessi da Mosca

A quasi un mese dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, appare evidente che l’operazione militare speciale varata da Mosca non sia andata come il presidente Vladimir Putin aveva auspicato. L’avanzata della macchina bellica del Cremlino, infatti, si è rapidamente arrestata, registrando progressi limitati nonostante le numerose città ucraine assediate.

In questo contesto, l’esercito russo ha dovuto modificare gli obiettivi inizialmente prefissati passando dalle azioni militari volte ad annientare le forze armate di Kiev a mettere in atto un’offensiva di artiglieria destinata a terrorizzare e sfiancare i civili ucraini.

Lo stallo che sta caratterizzando il conflitto russo-ucraino è determinato da una serie di errori tattici e di clamorose sottovalutazioni da imputare a Mosca. Di seguito, l’elenco dei dieci principali errori commessi dal Cremlino con l’invasione dell’Ucraina.

Assenza del consenso popolare e del supporto dell’opinione pubblica

Da un punto di vista teorico, l’insieme dei cittadini ucraini di lingua e cultura russa avrebbero dovuto accogliere l’esercito inviato da Mosca come una sorta di esercito della “liberazione”. Una talpa dei servizi di sicurezza russi FSB, tuttavia, ha spiegato che Putin aveva ricevuto rapporti di intelligence secondo i quali almeno 2 mila civili erano pronti a scendere in piazza armati nelle principali città ucraine per ribellarsi al presidente Zelensky. Almeno altri 5 mila civili, poi, sarebbero scesi in piazza per dare vita a manifestazioni in sostegno di Mosca.

Lo scenario prospettato dall’intelligence russa, tuttavia, non si è verificato. Al contrario, la brutalità e la violenza dell’operazione bellica ordinata dal Cremlino ha sconvolto anche la minoranza russofona che ha deciso di rinnegare l’invasione.

Dietrofront dei politici filorussi

Il Cremlino era convinto di poter contare sul sostegno dei politici filorussi ucraini nel momento in cui avrebbe attuato l’invasione dell’Ucraina. A questo proposito, la talpa dell’FSB ha dichiarato: “All’Fsb ci aspettavamo di diventare gli arbitri che avrebbero incoronato i politici ucraini che si sarebbero battuti per diventare i governanti scelti da Mosca. Avevamo persino definito i criteri per eleggere i migliori e invece siamo allo 0% di realizzazione di quel piano”.

Prima dell’invasione, si contavamo almeno undici partiti ucraini filorussi ma, dopo l’avvio dell’operazione militare speciale, i politici filorussi si sono dileguati. Se, da un lato, Zelensky ha sospeso l’attività dei partiti ucraini, dall’altro bisogna segnalare che l’oligarca Viktor Medvedchuk, leader più grande partito filorusso di Kiev noto come Piattaforma di Opposizione – Per la Vita e amico di Putin, è fuggito dal Paese facendo perdere le proprie tracce.

Informazioni errata e divisione tra i servizi

È ormai palese che l’invasione dell’Ucraina sia stata ordinata da Putin sulla base di informazioni errate, infondatamente ottimistiche o comunque incomplete. Al Cremlino, è caccia ai responsabili che hanno condotto false indagini, compromettendo l’azione e la credibilità di Mosca.

In questo contesto, sono già stati effettuati alcuni arresti da parte dell’FSB come il generale Roman Gavrilov, vicecomandante della Guardia nazionale in Russia (Rosgvardia); il generale Sergei Beseda, alla guida del direttorato per l’intelligence estera; e il suo vice, Anatoly Bolukh, catturato dsll’FSO, l’agenzia che si occupa di proteggere in modo diretto il presidente russo.

Zelensky

Una dei più eclatanti errori del Cremlino è stato credere che il presidente ucraino Zelensky, in qualità di ex comico e personaggio del mondo dello spettacolo ampiamente disprezzato negli ambienti di potere russi, si sarebbe dato alla fuga dinanzi all’avanzata dei carri armati inviati da Mosca.

La resilienza di Volodymyr Zelensky, la sua decisione di non abbandonare Kiev e i messaggi sui social con i quali aggiorna e supporta la popolazione rappresentano una chiara sottovalutazione della figura del presidente ucraino da parte di Putin e del suo entourage.

Comunicazione

A distanza di un mese dall’inizio del conflitto, la censura si sta abbattendo anche sulle comunicazioni private dei civili ucraini al fine di non far pervenire informazioni cruciali al nemico. Nei primi giorni del conflitto, tuttavia, l’informazione è stata totale e si è svolta in tempo reale. Il ricorso ai social, alla condivisione di video e alla realizzazione di servizi televisivi ha permesso ai reporter e agli stessi civili di non tacere nessun aspetto di quanto stava accadendo.

In questo modo, la sensibilizzazione dell’opinione pubblica a supporto della popolazione ucraina è stata eclatante e travolgente.

Sul fronte della comunicazione, la talpa dell’FSB ha ammesso: “Gli ucraini sono stati incommensurabilmente migliori dei russi nella ‘guerra di informazioni’ sia perché a Mosca regnava la segretezza sull’attacco sia perché all’inizio Mosca voleva soprattutto convincere Kiev a smettere di resistere. Il risultato è che abbiamo subito un dominio totale della comunicazione ‘esterna’: sul piano dell’informazione nei primi giorni è stata una sconfitta totale per la Russia. Kiev creava leggende e dava comunicazioni abbastanza reali dal campo di battaglia, mentre noi non abbiamo trasmesso questo tipo di informazioni: è qui che la lezione degli americani sembra aver dato i risultati maggiori”.

Qualità degli armamenti

Secondo gli analisti, la qualità degli armamenti bellici russi è particolarmente scarsa come testimonia la facilità con la quale aerei, elicotteri e altri mezzi russi vengono identificati e distrutti. In alcuni video ucraini, ad esempio, i militari che fanno capo a Kiev osservano con stupore che i carri armati di Mosca appaiono “persino più vecchi” dei loro.

Catena di comando

A un mese dall’inizio del conflitto, sono almeno cinque i generali russi uccisi e si registra un numero elevato di vittime anche tra gli alti ufficiali. Un simile dato non era stato registrato nelle guerre avvenute a partire dalla seconda metà del Novecento. Neppure nella guerra in Vietnam. Pertanto, è evidente che i vertici dell’esercito russo stanno combattendo in prima linea, rischiando la vita, per poter gestire l’operazione militare.

Il dato dimostra una catena di comando incerta e in balia di “interruzioni”: in questo modo, si evidenzia una forte impreparazione delle truppe russe che, ogni volta che un alto ufficiale viene ucciso, devono arrestare l’offensiva mentre un intero reparto va allo sbando.

Occidente, NATO e sanzioni

Tra gli errori di Mosca, anche l’aver sottovalutato anche l’Occidente. Nella consapevolezza del non intervento della NATO, infatti, il Cremlino era certo che l’UE e gli Stati Uniti si sarebbero limitati a condannare solo verbalmente l’invasione dell’Ucraina. La pioggia di sanzioni contro la Russia e gli aiuti militari inviati a Kiev non erano stati previsti.

L’ingerenza dell’Occidente, poi, si è fatta tanto più opprimente quando a Stati Uniti, Europa e Giappone si è unita anche la neutrale Svizzera. Se la no fly-zone ripetutamente chiesta da Zelensky non è stata attivata, è pur vero che le armi continuano ad affluire indisturbate a Kiev per sostenere l’esercito ucraino.

Cina

Mosca e Pechino condividono una visione politica antidemocratica e imperiale. Nell’invadere l’Ucraina, il Cremlino era convinto che avrebbe ottenuto il sostegno della Cina da un punto di vista politico ed economico al fine di contrastare le sanzioni dell’Occidente. A un mese dall’inizio della guerra, tuttavia, la Cina continua a mantenere una posizione neutrale, mostrando di non voler essere coinvolta nel conflitto russo-ucraino.

Bielorussia, Siria e Cecenia

Con l’avvio delle operazioni belliche in Ucraina, Mosca era probabilmente convinta di poter contare non solo sulla Cina ma anche su altri “amici” come la Bielorussia, la Siria e la Cecenia.

Nonostante si stiano rincorrendo voci che alludono all’ingresso di Minsk in guerra accanto alla Russia, Lukashenko appare riluttante ad addentrarsi nel conflitto. Gli stessi dubbi rispetto a un eventuale coinvolgimento sono stati avanzati anche dal leader siriano Assad e dal leader ceceno Kadyrov.

In sostanza, quindi, le truppe russe sono sole sul campo e non si prospettano novità significative in futuro.