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Opposizioni contro il Governo, bloccato l’emendamento sul riordino del Mic: “Battaglia unitaria”

Ritirato emendamento riorganizzare Ministero della Cultura

L’emendamento al decreto Pa per riorganizzare il Ministero della Cultura è stato ritirato dal Governo dopo le proteste dell’opposizione.

L’emendamento al decreto Pa presentato dalla maggioranza per riorganizzare il Ministero della Cultura (Mic) è stato ritirato. Si tratta di una vittoria dell’opposizione che, compatta, è riuscita a contestare l’azione del Governo e spingerlo a fare dietrofront sulla proposta.

Ritirato l’emendamento al decreto Pa per riorganizzare il Ministero della Cultura

Il tentativo del Governo di riorganizzare il Ministero della Cultura guidato da Gennaro Sangiuliano è stato bloccato dalle opposizioni che sono andate all’attacco dell’esecutivo in modo compatto. La maggioranza, di conseguenza, si è vista costretta a ritirare l’emendamento al decreto Pa che, nel pomeriggio di venerdì 28 luglio, approderà in Aula alla Camera per la fiducia. L’emendamento, presentato nelle commissioni Affari costituzionali e Lavoro alla Camera, aveva come obiettivo quello di modificare la struttura del Mic.

Il contenuto dell’emendamento era stato anticipato da Repubblica che aveva definito la mossa del Governo come uno stratagemma “per fare indirettamente decadere tutti gli attuali dirigenti generali e poi sostituirli – moltiplicando le poltrone – con nuove figure apicali scelte personalmente dal ministro con il solo passaggio in Cdm, senza dover per forza pescare dai ruoli dirigenziali della P.A. né ricorrere all’interpello”. È quanto scritto nell’articolo firmato da Giovanna Vitale.

Al ministero, quindi, si sarebbero moltiplicate le figure fiduciarie consentendo all’esecutivo di scegliere direttamente i vertici della struttura, supervisionandone l’operato. In un simile scenario, sarebbe venuto meno il criterio della separazione tra indirizzo politico e amministrativo.

I cambiamenti previsti

Contro la proposta, si sono scagliati compatti i parlamentari delle opposizioni che ne hanno invocato a gran voce il ritiro. Tra le iniziative previste dall’emendamento, figurava anche che il Mic si “articola in dipartimenti” il cui numero “non può essere superiore a cinque, in riferimento alle aree funzionali”. Mentre il “numero delle posizioni di livello dirigenziale generale non può essere superiore a trentadue, ivi inclusi i capi dei dipartimenti”. Il progetto della maggioranza consisteva nel riscrivere l’art. 54 del dlgs sulla “riforma dell’organizzazione del Governo” del 1999 secondo.

A proposito della proposta presentata dall’esecutivo, inoltre, nella relazione tecnica dell’emendamento ritirato, si legge che gli oneri della misura erano “quantificati in 228.609,82 euro annui a decorrere dall’anno 2024, pari alla differenza, moltiplicata per le quattro posizioni apicali aggiuntive – a invarianza del numero complessivo di posizioni dirigenziali generali – tra la retribuzione di un direttore generale di prima posizione retributiva e la retribuzione prevista per il segretario generale, attualmente unica figura apicale del ministero della Cultura”.

Le opposizioni contro il Governo

“La battaglia unitaria condotta dalle opposizioni nelle commissioni Affari costituzionali e Lavoro per bloccare la pessima riorganizzazione del Ministero della Cultura è stata vinta. L’emendamento che la voleva maldestramente introdurre è stato ritirato”. È il contenuto della nota congiunta redatta dai capigruppo delle commissioni Affari costituzionali e Lavoro del Partito Democratico, del Movimento 5 Stelle, di Alleanza Verdi Sinistra, Azione e Italia Vita. “Il ministro Sangiuliano ha dovuto fare un passo indietro rispetto a una scelta sbagliata nel metodo e nel merito perché avrebbe indebolito l’attività del Mic e avrebbe reso l’amministrazione meno libera e sottomessa alla politica. Una buona notizia per la Cultura del nostro Paese”.

“Troppo anche per loro: la destra ha ritirato l’emendamento vergogna che riorganizzava il MiC con l’obiettivo di togliere autonomia e indipendenza ad organismi tecnici per mettere la gestione di tutta la struttura sotto il controllo politico del ministro. Ma non demordono e annunciano che la riorganizzazione si farà. Intanto, grazie al lavoro congiunto di tutte le opposizioni in commissione, si è fermato un pericoloso colpo di mano. E non arretreremo di un passo per impedire il tentativo del governo di occupare ogni spazio in modo brutale. Questo è stato solo l’ennesimo episodio. Vorremmo che l’esecutivo si preoccupasse realmente di un settore strategico, con risorse ed interventi. Non con l’obiettivo di togliere autonomia e libertà a chi fa cultura nel Paese”, ha commentato invece Irene Manzi, capogruppo dem in commissione cultura e membro della segreteria nazionale.