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Anna Politkovskaja, giornalista schietta e scomoda

Anna Politkovskaja

Si ricorda una delle giornaliste più scomode di uno dei giornali più scomodi nella Russia di Putin. Che sia giusto o no definirla una figura eroica, Anna Politkovskaja nel suo lavoro non mentiva.

Sette anni fa usciva il primo libro a fumetti dedicato a una delle giornaliste russe più apprezzate e schivate: Anna Politkovskaja. In poco più di 120 pagine Francesco Matteuzzi ed Elisabetta Benfatto rendono omaggio a una donna che ha sempre ricercato la giustizia e la verità. A costo della vita, è il caso di dirlo.

Con quest’opera la casa editrice Becco Giallo ripercorre le indagini aperte sul governo di Putin, la strage di Beslan, il controllo e la manipolazione subite dalla stampa russa e molto altro. Perché proporlo? Perché, pur a malincuore, bisogna rendersi conto che si muore anche per la verità, non solo per il lavoro. E come scrive Ottavia Piccolo nella sua prefazione: “Non è giusto aver bisogno di eroi, ma è questo che Anna Politkovskaja è diventata: una figura eroica. Eppure faceva soltanto il suo lavoro, la giornalista”.

In occasione del recente anniversario andiamo a conoscere meglio questa eroina “imprudente”. Anche a fronte della morte di Daphne Caruana Galizia, giornalista d’inchiesta e blogger maltese uccisa con un’autobomba il 16 ottobre.

Anna Politkovskaja

Per capire fin da subito con chi si ha a che fare, citiamo il suo motto: “L’unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede”. Una regola semplice, ma dura. Tanto che nella graphic novel è seguita da un’altra frase: “Io vedo tutto, questo è il mio problema”. Niente di più vero, visto che il suo mestiere, il metodo con cui svolge il suo lavoro a essere più precisi, sarà giudicato alquanto scomodo.

Vita

Anna nasce nell’agosto del 1958 a New York da genitori diplomatici, sovietici. Finisce il suo percorso di studi a Mosca, dove si laurea nel 1980 in giornalismo. Lavora per il giornale “Izvestija” e, dal 1999 per la “Novaja Gazeta”. Grazie a questo periodico libero e indipendente comincia a seguire il conflitto in Cecenia. Da qui in avanti la sua vita sarà un continuo oscillare di successi e grandi dispiaceri.

Già nel 2001 viene detenuta e torturata in Cecenia. Si vede costretta a fuggire a Vienna in seguito a ripetute minacce di morte da parte di chi aveva accusato di crimini contro i civili ceceni. Nello stesso anno riceve però da Amnesty International il Global award per il giornalismo in difesa dei diritti umani.

L’anno successivo le viene chiesto di negoziare durante l’assedio del Teatro Dubrovka. Accetta.
Passa un altro anno e vince il premio Osce per il giornalismo e la democrazia.
Arriva il 2004 e, mentre vola verso Beslan, dove si stanno tenendo centinaia di ostaggi in una scuola, viene avvelenata. Tuttavia sopravvive e le circostanze dell’accaduto non vengono mai chiarite.

Morte

Con il 7 ottobre 2006 si giunge alla capitolazione. Mentre il presidente Vladimir Putin festeggia il suo compleanno, Anna viene trovata nell’ascensore del suo palazzo con le borse della spesa, morta. L’hanno uccisa; accanto al suo corpo ci sono una pistola e dei proiettili.

Proprio quel giorno la giornalista aveva intenzione di pubblicare un articolo particolare. Si trattava di un’inchiesta sulle torture che le forze di sicurezza cecene stavano compiendo sui cittadini. A capo di queste ultime stava il Primo ministro Ramzan Kadyrov, poi divenuto presidente della Cecenia, accusato da Anna Politkovskaja di essere lo Stalin ceceno dei nostri giorni.

Il mandante rimane tuttora sconosciuto. Quello che si sa è che, il giorno seguente all’assassinio, spariscono il computer e gli appunti della giornalista. Tutto il materiale raccolto nell’inchiesta. E che al suo funerale non ha partecipato nessun rappresentante politico russo.

Le idee

Anna viene ricordata come una giornalista tenace e una scrittrice appassionata. Nei suoi articoli e nei suoi libri non esita mai a condannare il governo e l’esercito russo per l’infrazione dei diritti umani in Cecenia. Vigorosa oppositrice di Vladimir Putin, è famosa soprattutto per i suoi reportage sulla Cecenia, che l’hanno portata a essere una “reietta”.

Proprio con questa parola la donna parla di se stessa, consapevole che la sua situazione dipende dai suoi scritti malgraditi. Non si abitua alla condizione che l’etichetta come “una contro di noi” (dove il noi è il Governo), una nemica impossibile da “rieducare”, ma impara a conviverci.

Passione per la verità

Sa benissimo che prima o poi agiranno contro di lei, le minacce non sono mascherate, diventano di pubblico dominio. Si commuove per l’affetto che le dimostrano i ceceni, che tengono alla sua vita più di quanto ci tenga lei. È Anna stessa ad affermare di non appartenere a nessun partito politico russo, eppure viene sempre additata come nemica, dal momento che è “contro di noi“. In Russia, dice, è così. O si sta da una parte, o contro.

Riporta le interviste degli uomini politici senza cambiare una virgola. È convinta che non servano i commenti perché i lettori sanno interpretare da soli. Afferma che in Russia la stampa è vincolata e i cittadini spesso non sanno nemmeno quello che succede nella loro regione. Continua a lavorare imperterrita, nonostante i continui interventi del Cremlino che le rendono la vita difficile e umiliante.

Ma la passione per il giornalismo, per raccontare ciò che vede, è più forte. Quel desiderio di far sentire le voci scomode, la verità taciuta, non se ne andrà nemmeno il 7 ottobre.