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Ritorno alla poesia: Ottobre di Vincenzo Cardarelli

Ottobre di Vincenzo Cardarelli

Una “dolcissima agonia” è l'autunno: i suoi colori caldi e l'aria che odora di mosto nell'inno ad Ottobre di Vincenzo Cardarelli. Con questo ossimoro il poeta vissuto tra Roma e Viterbo nella prima età del '900 chiude una delle sue più celebri composizioni. Un tempo, era d’estate, era a ...

Una “dolcissima agonia” è l’autunno: i suoi colori caldi e l’aria che odora di mosto nell’inno ad Ottobre di Vincenzo Cardarelli.

Con questo ossimoro il poeta vissuto tra Roma e Viterbo nella prima età del ‘900 chiude una delle sue più celebri composizioni.

Un tempo, era d’estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori,
che si destava la mia fantasia.
Inclino adesso all’autunno
dal colore che inebria,
amo la stanca stagione
che ha già vendemmiato.
Niente più mi somiglia,
nulla più mi consola,
di quest’aria che odora
di mosto e di vino,
di questo vecchio sole ottobrino
che splende sulla vigne saccheggiate.
Sole d’autunno inatteso,
che splendi come in un di là,
con tenera perdizione
e vagabonda felicità,
tu ci trovi fiaccati,
vòlti al peggio e la morte nell’anima.
Ecco perché ci piaci,
vago sole superstite
che non sai dirci addio,
tornando ogni mattina
come un nuovo miracolo,
tanto più bello quanto più t’inoltri
e sei lì per spirare.
E di queste incredibili giornate
vai componendo la tua stagione
ch’è tutta una dolcissima agonia.

L’autunno non è solo una stagione dell’anno, è anche la metafora d’una vita che sta per tramontare. Su questo doppio binario si enuclea tutta la poesia di Vincenzo Cardarelli, la cui composizione risale infatti agli anni della vecchiaia. Ad Ottobre il sole è un superstite: lo stesso vale per il poeta che si sente un miracolato che ogni mattina ha modo di vedere ancora l’alba benché sia ormai prossima la morte.

Se in giovinezza era ai fuochi e agli ardori dell’estate che aveva rivolto ogni fantasia, “adesso” è l’autunno la stagione che più gli è incline, che sente più vicina a sè. Eppure nello spazio tra passato e presente non c’è sentore di amarezza: anzi, le giornate si fanno ora inattese e incredibili, dove la perdizione è tenera e la felicità vagabonda.

Una dolcissima agonia l’autunno così come la vecchiaia: ormai la vita è stata saccheggiata, vissuta, vendemmiata. Non resta che attendere l’inverno.