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Non ci aveva avvisato nessuno. La presenza di Riccardo Cocciante nelle serate precedenti deve essere stata profetica perché la notte dei duetti è un musical in piano sequenza. D’altronde siamo in teatro. Ma quali duetti? Sul palco ci sono una dozzina di persone (vedi Renga con l’etoile) per ogni esibizione. Ballano anche i direttori d’orchestra (vedi l’esecuzione di “Soldi”). All’esordio della quarta serata di Sanremo sembra di essere in un cartone animato, rigorosamente giapponese, di quelli iconici: è un episodio di Pollon combina guai ma i protagonisti sono Shade, Federica Carta e Cristina D’Avena. E scusa ma sembra talco ma non è, senza farlo apposta.
Lo show di Sanremo
Il pezzo di Motta e Nada è un diesel. Calano le luci poi si inizia e i due sembrano asincroni: poi parte il drop, e tutto torna. Irama e Noemi sono poetici, l’estensione vocale della rossa ex X Factor porta il messaggio della ragazza con il cuore di latta al di là dello schermo. Il ritorno di Luciano Ligabue in tv sembra una marcia trionfale: è il sovrano del teatro. Non a caso duetta con il padrone di casa.
Nonostante l’incessante ritmo della trasmissione scandito dalle performance musicali il tempo si ferma, e lo fa solo per la ragazza del Piper: Briga e Giovanni Caccamo sembrano gli angeli custodi di Patty Pravo. Quando sul palco salgono i Negrita sembra che Enrico Ruggeri sia stato sempre parte della band: poi quel trombettista di Roy Paci è il vero valore aggiunto alla canzone. L’Ariston prende il volo con il violino di Alessandro Quarta: ma poi, come è possibile che il doppiatore di Mickey Mouse sia riuscito a sconvolgere il festival con la sua bravura? Impossibile non crederci.
Siamo in tv?
Quando è il turno di Arisa, Tony Hadley e i Kataklò sembra di essere in una puntata di Seven Heaven, meno educativa e più menefreghista. Anche a Mahmood pare non sia importato tanto dell’outfit giusto: eccolo il Morocco Pop che ci piace, coi pantaloni in stile total black e le spalle coperte da Gue Pequeno. Soldi è un hit, non ci stancheremo mai di scriverlo. Ghemon, Diodato e Calibro35 riportano il soul in paradiso: se fossi donna sarei orgogliosa dell’esistenza di questo testo. Rose Viola parte 2, finalmente sboccia qualcosa sul palco della città dei fiori. E poi Anastasio diventa il figlio di Bisio, il tempo si ferma ancora per poi riprendere. Rinascere nelle rime di un testo difficile, ma necessario.
Spettacolo, poesia e recitazione
Tutto diventa spettacolo, recita, perfomance. Nek e Neri Marcorè, due voci nella stessa coscienza: grinta e poesia. Con i Boomdabash e Rocco Hunt siamo in vacanza in salento. The Zen Circus e Brunori Sas portano l’anima indie pure al pubblico dell’Ariston, e non dispiace neanche. Paola Turci e Beppe Fiorello sono i due protagonisti di una soap Rai, quelle piene di dolore ma dal lieto fine. Anna Tatangelo e Syria cercano di ricreare quei tandem americani di superstar, due mamme piene di grinta. Gli Ex Otago e Jack Savoretti conquistano i cuori dei telespettatori (nel senso che sembra che le facce di tutti siano ricoperte dall’emoji “amore” di Instagram). Poi viene il tempo di commuoversi, perchè Nonno Hollywood di Enrico Nigiotti e Paolo Jannacci diventa un’opera d’arte nella sand art di Massimo Ottoni. Ultimo con Moro, la stessa persona, la stessa cosa, forse i vincitori. C’è anche il #teamTalent, per un attimo chiunque ha pensato di aver sbagliato canale mentre si esibivano Einar, Sergio Silvestre e Biondo. Livio Cori e Nino D’Angelo, nonostante i Sottotono non suonano “nuovi”.
Che fine ha fatto il rock? Eccolo li, nell’anima di Loredana Bertè e Irene Grandi, nei microfoni di Manuel Agnelli e Daniele Silvestri, nella contaminazione rap di Rancore, nella Roll Royce che sfreccia verso LA con a bordo Morgan, Achille Lauro e Boss Doms. Musica al sapore di Jack Daniels, invecchiato.